Il Napoli domina, crea, spinge. Ma non segna. L’ennesimo 0-0, questa volta contro l’Eintracht Francoforte, ha messo a nudo un problema ormai evidente: la squadra di Antonio Conte fatica tremendamente a concretizzare.Le statistiche parlano chiaro: un solo gol nelle ultime tre partite, firmato da Anguissa contro il Lecce lo scorso 28 ottobre. Da allora, una lunga astinenza che comincia a pesare sul morale e sulla classifica.
Al “Maradona”, contro una difesa che aveva incassato undici reti nelle prime tre giornate di Champions, il Napoli ha costruito tanto ma concluso poco. Hojlund e Neres si sono alternati nei tentativi, ma Zetterer è rimasto imbattuto. Il possesso palla, come spesso accade, è stato sterile.
Conte e la sterilità offensiva: l’urgenza di una svolta
Per Antonio Conte, abituato a squadre verticali e spietate, la crisi realizzativa è una ferita aperta.
“Abbiamo dominato, ma se non segni devi dare spiegazioni”, ha dichiarato il tecnico nel post-partita, consapevole che il problema non è solo tecnico, ma anche mentale. La squadra produce gioco, ma manca cattiveria e precisione negli ultimi metri.
Contro il Como, in campionato, è arrivato un altro 0-0 che ha lasciato l’amaro in bocca: se non fosse stato per il rigore parato da Milinkovic-Savic a Morata, sarebbe potuta arrivare persino una sconfitta.
Un solo lampo in tre settimane
L’ultima rete porta la firma di Anguissa, decisivo a Lecce con un gol da centrocampista box-to-box. Da lì in poi, il nulla. Anche nei precedenti k.o. contro Manchester City e Torino, il copione non è cambiato: tanto possesso, tanta costruzione, ma poca incisività. In Inghilterra l’alibi era l’inferiorità numerica, a Torino la mancanza di concretezza. In entrambi i casi, il Napoli ha confermato la sua difficoltà nel finalizzare un volume offensivo enorme.
Hojlund, il simbolo della crisi del gol
Tornato dopo l’infortunio muscolare, Rasmus Hojlund non ha ancora ritrovato la brillantezza dei tempi d’oro. A Francoforte, il danese ha sbattuto contro la fisicità di Koch e l’ordine difensivo dei tedeschi.
Ha avuto una buona occasione, ma Theate si è immolato sulla linea di porta, negandogli una gioia che manca dal 5 ottobre, giorno della sua ultima rete in Serie A contro il Genoa. Conte lo difende pubblicamente, ma in privato pretende una scossa: “I centravanti devono fare la differenza, non solo movimento.”
De Bruyne, un’assenza che pesa come un macigno
Impossibile ignorare l’assenza di Kevin De Bruyne, fermo dopo l’infortunio rimediato nel rigore contro l’Inter.
Il belga era il vero faro della manovra offensiva: visione, rifinitura, verticalità. Senza di lui, il Napoli ha perso la sua bussola e fatica a creare occasioni pulite. Conte lo sa: “Kevin è insostituibile, ma dobbiamo imparare a vincere anche senza di lui.” Il problema è che il suo rientro non sarà immediato: tornerà solo a marzo, costringendo il tecnico a trovare soluzioni alternative.

Conte e la missione rinascita
La crisi del gol del Napoli non è solo un dato statistico, ma una questione di fiducia. Gli azzurri, pur restando in vetta in Serie A e in corsa in Champions, devono ritrovare ritmo e lucidità sotto porta. Conte ha in mente alcuni correttivi: più inserimenti dei centrocampisti, un uso più diretto delle fasce e maggiore imprevedibilità negli ultimi venti metri.
Il tecnico leccese, mai tenero con chi abbassa la tensione, ha già richiamato tutti all’ordine. Il messaggio è chiaro:
“Il Napoli deve tornare a far paura. Vincere non basta, bisogna dominare anche con i gol.” Dopo tre partite a secco, il Napoli si ritrova davanti allo specchio: una squadra forte, ma spuntata. Conte è pronto a intervenire con la sua consueta determinazione. Perché un Napoli che non segna, semplicemente, non è un Napoli di Conte.





