Cagliari, cosa cambia davvero con l’ingresso degli investitori americani

Redazione
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Tra attese, chiarimenti e prospettive future, ecco cosa significa l’arrivo del gruppo statunitense e perché non va frainteso.

Nelle ultime settimane il Cagliari è diventato il centro di un tam tam crescente, alimentato da entusiasmo, aspettative, timori, e – come spesso accade – una discreta dose di confusione. L’ingresso di un gruppo di investitori statunitensi nel capitale del club ha acceso la fantasia dei tifosi, aprendo interrogativi che rimbalzano dal bar alle tribune della Unipol Domus: arriveranno grandi calciatori? Si parla davvero di milioni per il mercato? E soprattutto: che cosa cambia davvero?

Giulini resta al comando: entra un socio, non un nuovo padrone

Per chi temeva un ribaltone, la risposta è semplice: Tommaso Giulini resta presidente e mantiene il controllo del club. L’investimento del gruppo americano riguarda una quota di minoranza, stimata attorno al 30-40%, mentre il restante 60-70% rimane nelle mani dell’attuale proprietà. Una scelta che non sottrae potere decisionale a Giulini, ma aggiunge risorse, competenze e un network che guarda oltreoceano. Il club sardo lo ha spiegato chiaramente: l’obiettivo è rafforzare un percorso di consolidamento e crescita, non avviare una cessione.

Chi sono gli americani: la figura centrale di Maurizio Fiori

Il nome chiave è Maurizio Fiori, nato a Carbonia e da oltre trent’anni residente negli Stati Uniti. È l’amministratore delegato di Praxis Capital Management, un fondo alternativo fondato nel 2018 che, più che sul sentimentalismo, basa la propria linea strategica su criteri rigorosi di gestione del rischio e visioni macroeconomiche di lungo periodo.

Accanto a lui c’è una rete di investitori che include, tra gli altri, Escalada Sports Partners, un gruppo privato specializzato nell’acquisizione di quote sportive e nella valorizzazione delle comunità che gravitano attorno ai club.

Le figure nell’orbita rossoblù

Tra i volti emersi in questi giorni spiccano professionisti con curriculum decisamente pesanti:
Catherine Bracy e Stephen Brokaw, già attivi nella campagna presidenziale di Barack Obama;
Brandon M. Belford, consigliere economico dell’amministrazione USA, ora spesso presente in Sardegna accanto a Fiori;
Bryan Colangelo, figura di spicco nella NBA e già dirigente dei Toronto Raptors;
– manager europei e americani con esperienza in fondi e investimenti strategici.

Un mosaico eterogeneo, che racconta la volontà degli investitori di inserirsi in un progetto con grandi margini di sviluppo.

Un fondo da un miliardo e un Cagliari da valorizzare

Praxis non è un fondo “da chiacchiere”. Secondo le stime più attendibili, gestisce circa un miliardo di dollari e opera con logiche di investimento di medio-lungo termine. Fiori, oltre a guidare Praxis, dirige anche l’ufficio investimenti della Argos Wealth Advisors, realtà con basi operative fra Stati Uniti e Italia. L’interesse verso il Cagliari non nasce da un impulso emotivo, ma da un progetto industriale definito.

Mercato o infrastruttura? Dove andranno davvero i soldi

La domanda che molti tifosi si pongono è diretta: l’arrivo degli americani significa grandi acquisti? La risposta, al netto delle speranze, è più complessa. Il ruolo principale degli investitori è legato soprattutto a un dossier che vale più del singolo calciatore: il nuovo stadio.

Il Cagliari ha bisogno di una struttura moderna, sostenibile, capace di generare ricavi e attrarre sponsor. L’impianto dedicato a Gigi Riva, che sorgerà al posto del vecchio Sant’Elia, ha un costo stimato di circa 187 milioni di euro. Di questi:
60 milioni provengono da fondi pubblici già approvati;
60 milioni arriveranno dall’investimento privato (60% Cagliari, 40% Costim);
– i restanti 67 milioni verranno coperti attraverso finanziamenti bancari.

Gli americani, dunque, diventano fondamentali in termini di garanzie, coperture, pianificazione e credibilità sui mercati finanziari. In altre parole: il loro ingresso è la chiave che può consentire al progetto stadio di proseguire senza intoppi.

E sul calciomercato? Cosa ci si può aspettare davvero

Non è realistico immaginare, almeno nell’immediato, un Cagliari pronto a spendere decine di milioni per un top player. L’investimento americano, per ora, non è un budget da mercato, ma un contributo allo sviluppo strutturale del club.

Detto questo, una società più solida a livello finanziario, con investitori internazionali e prospettive economiche in crescita, avrà inevitabilmente più margini in futuro. Non subito, ma arriverà un effetto a cascata: più sponsor, più ricavi, possibilità di programmare. Il Cagliari non diventa improvvisamente un club “da sceicchi”, ma un club più forte, più stabile e più credibile.

Perché gli americani hanno scelto Cagliari

La risposta è nella combinazione di tre elementi:
un club storico, simbolo di un’intera regione;
un progetto stadio con prospettiva reale;
una leadership locale (Giulini) ritenuta solida, con cui collaborare invece che sostituirsi.

Il calcio italiano è sempre più attrattivo per fondi e investitori stranieri, e la scelta degli americani conferma questa tendenza: qui ci sono margini di crescita che altrove sono già saturi.

Cosa succederà adesso

L’ingresso del gruppo statunitense arriva in un momento cruciale, perché coincide con l’approvazione dei fondi pubblici destinati allo stadio. La partnership diventa quindi il tassello mancante per blindare il progetto e portarlo verso la fase esecutiva. Sul mercato non arriveranno miracoli immediati, ma il Cagliari entra in una nuova era, con più stabilità, più visione e più strumenti per crescere. E quando un club costruisce basi solide, i risultati, prima o poi, seguono.