La stagione dell’Inter sembrava lanciata dopo il ko di Napoli: la squadra aveva reagito con quattro vittorie consecutive tra campionato e Champions League, mostrando solidità e continuità. Poi il meccanismo si è inceppato. Le sconfitte contro Milan e Atletico Madrid hanno rimesso in discussione alcune certezze, pur arrivando al termine di prestazioni tutt’altro che negative.
Il filo conduttore è sempre lo stesso: l’Inter costruisce, domina tratti lunghi delle partite, ma raccoglie meno di quanto semina. E, nei momenti che definiscono una stagione, manca il colpo dei suoi uomini simbolo. È qui che emerge il tema più delicato: Lautaro Martinez.
I numeri dicono quattro gol, ma la vera assenza è nei momenti chiave
L’argentino ha firmato quattro reti in dodici presenze, un bottino che non lo allontana molto dai vertici della classifica marcatori, soprattutto in un campionato dove anche i bomber più attesi faticano a trovare continuità. Ma a pesare davvero non è il numero, bensì la qualità dei gol.
Nelle sfide contro Juventus, Roma, Napoli e Milan non ha lasciato traccia. E in tre di questi incontri l’Inter è uscita sconfitta. Ogni volta che ha segnato, invece, i nerazzurri hanno vinto: una correlazione che sottolinea quanto il capitano resti imprescindibile per gli equilibri della squadra e allo stesso tempo quanto la sua mancanza nei big match sia oggi un freno pesante.

Un avvio lontano dalle stagioni migliori
Se si guarda al passato recente, il confronto è netto. A questo punto della scorsa stagione, Lautaro era già a cinque reti nonostante una gara in meno. Due anni fa, nel 2023-24, viaggiava addirittura a dodici gol dopo dodici giornate, complice anche la famosa serata dei quattro gol alla Salernitana. Nelle stagioni precedenti raggiungeva sempre quota cinque o sei.
Un avvio così lento si era verificato soltanto al suo primo anno in nerazzurro, quando il minutaggio era ridotto e il ruolo ancora in costruzione. Oggi la sensazione è diversa: il Lautaro visto in questo inizio non è un problema numerico, ma un giocatore che non incide come un leader.

La gestione di Chivu: tanta fiducia, poca indulgenza
La fotografia della stagione passa anche dalle scelte di Cristian Chivu. Lautaro è titolare fisso, ma raramente resta in campo fino al 90’. Solo tre volte è arrivato alla fine in campionato. Nelle gare di cartello – Juventus, Roma, Milan – è stato richiamato dopo un’ora scarsa.
Una scelta tecnica che manda un messaggio chiaro: il nome non basta. Chivu ha un reparto offensivo più ricco rispetto al passato e può contare su soluzioni come Esposito e Bonny. Chi non incide viene cambiato, capitano o no. Il malumore mostrato dall’argentino dopo la sostituzione con l’Atletico racconta bene quanto la situazione sia delicata.

Senza Thuram cambia tutto: il peso del partner ideale
C’è poi un elemento spesso sottovalutato: l’assenza di Marcus Thuram. Compagno perfetto nelle ultime due stagioni, il francese ha saltato sei partite tra campionato e Champions per un infortunio e non segna da metà settembre.
La loro intesa era diventata un automatismo: movimento di uno, spazio per l’altro, triangolazioni pulite, profondità e rifinitura. Senza Thuram, Lautaro ha dovuto caricarsi sulle spalle parte del lavoro sporco che solitamente dividevano. È un cambiamento che pesa sulla lucidità sotto porta e sulla qualità delle sue scelte offensive.


