La classifica non ammette interpretazioni: zero vittorie in tredici partite, ultimo posto e una crisi che non sembra più episodica. È con questo bagaglio pesante che la Fiorentina di Paolo Vanoli si prepara alla sfida verità contro il Sassuolo di Grosso, un appuntamento che vale molto più di tre punti. Vale la sopravvivenza sportiva, la fiducia, forse persino il futuro del progetto. Vanoli lo sa. E sa anche che così non si va avanti. Il 3-5-2, costruito in estate con convinzione quasi ideologica, è oggi un vestito che non calza più. La squadra non crea, non accelera e soprattutto non ha gli interpreti per farlo funzionare. Da qui l’idea di cambiare modulo, una scelta inevitabile ma complessa, perché questa rosa soffre una carenza strutturale: non ha esterni. Le parole del tecnico nel post Bergamo non lasciavano spazio a dubbi: la richiesta di rinforzi è stata esplicita, quasi un SOS consegnato alla dirigenza.

La difesa e il difensore che manca
La radice del problema affonda già nell’estate, quando Stefano Pioli – allora appena arrivato – aveva chiesto un difensore rapido, capace di coprire metri e reggere sia una linea a quattro sia una a tre. Ranieri non lo convinceva, Comuzzo sembrava destinato alla cessione e l’occasione Lindelöf era a un passo, poi svanita. Oggi Vanoli si ritrova con gli stessi limiti, ma con un’urgenza maggiore. La Fiorentina ha bisogno di un centrale che porti velocità e flessibilità per cambiare pelle in corsa. Il ds Goretti sta seguendo Diogo Leite dell’Union Berlino, profilo già monitorato da tempo, mentre dal Chelsea piacciono Josh Acheampong, classe 2006, e Alex Disasi, più esperto ma altrettanto adattabile. Uno di loro potrebbe sostituire Comuzzo, l’unico con mercato, e diventare l’ingranaggio che manca nella nuova Fiorentina.

Un centrocampo che non gira
La seconda falla è nel cuore della squadra. Vanoli lo aveva detto senza giri di parole: “Manca qualcosa a centrocampo”. E le prestazioni lo confermano. Fagioli, chiamato a guidare la regia, non riesce a prendersi la squadra sulle spalle; Nicolussi Caviglia appare schiacciato dalle responsabilità; Ndour resta un oggetto misterioso e Sohm alterna spunti e vuoti. Serve un regista vero, qualcuno che scandisca i ritmi, che dia ordine e geometrie. Il nome cerchiato in rosso è quello di Eric Martel del Colonia, mediano tedesco capace di spezzare il gioco e ripartire, perfetto per dare identità a un reparto in cerca di ossigeno. Una pedina che, paradossalmente, servirebbe anche a blindare la scelta di aver riscattato Fagioli per 18 milioni.
L’attacco e il vuoto sulle fasce
L’allarme più forte Vanoli lo ha lanciato nel dopo Atalanta-Fiorentina: “Non abbiamo esterni veri, nel calcio moderno è fondamentale”. E non è un’esagerazione. In estate, con la complicità di Pioli, la società ha ceduto Sottil e Ikoné, gli unici due esterni naturali. Una scelta figlia del 3-5-2, poi rivelatasi un errore tattico pesantissimo. Oggi Vanoli deve reinventare il sistema di gioco senza la materia prima necessaria. Dovrà scegliere se adattare qualcuno in corsia o se rischiare soluzioni ibride, almeno fino a gennaio, quando arriverà inevitabilmente qualche movimento. Ma difficilmente si potrà pensare a nomi di fascia alta, come il “Berardi di turno”. Serviranno intuizione, equilibrio e realismo.
Una rivoluzione obbligata
La Fiorentina è davanti a un bivio: continuare su una strada che non funziona o cambiare tutto. Vanoli ha scelto la seconda via. Il modulo cambierà, la squadra seguirà, ma il mercato di gennaio dovrà completare il puzzle. Difensore rapido, regista affidabile, esterni veri: senza questi elementi, ogni trasformazione rischia di restare teorica.



