Tre partite sono bastate a Raffaele Palladino per rimettere ordine là dove l’Atalanta aveva smarrito luce, coraggio e soprattutto gol. Il nuovo allenatore nerazzurro non ha toccato soltanto la tattica: ha toccato le corde, ha riavvolto caratteri e insicurezze, restituendo energia a un tridente che sembrava finito ai margini della memoria. Lookman, Scamacca e De Ketelaere sono tornati a guardarsi negli occhi come facevano ai tempi dell’esplosione del progetto Gasperini. E questa rinascita non nasce per caso, ma da un lavoro profondo, che ha rimesso ordine nello spogliatoio e ha rimesso il pallone esattamente dove serviva: nei piedi dei giocatori più talentuosi.
De Ketelaere, la miccia ritrovata
Il primo a cambiare pelle è stato Charles De Ketelaere. Con Palladino ha recuperato la leggerezza che aveva perso, l’intuizione che si era affievolita, la fiducia che al Milan era evaporata in poche settimane. La rete ritrovata dopo oltre due mesi racconta il resto: il belga crea, inventa, si muove con un’eleganza che sembrava sepolta. E, come sempre gli accade, più sente la mano dell’allenatore sulla spalla, più aumenta il suo impatto.
La rinascita di Scamacca
Il volto più sorprendente è però quello di Gianluca Scamacca, passato attraverso un anno e mezzo di infortuni, rientri a metà e frustrazione. Palladino non lo ha dosato: lo ha gettato subito dentro, da titolare, perché certi attaccanti hanno bisogno di responsabilità, non di minuti centellinati. L’unica partita in cui lo ha lasciato fuori, al Maradona, se l’è rimproverata pubblicamente. Il risultato è stato immediato: gol ritrovato dopo 90 giorni, sorriso riemerso dopo molto di più, una presenza che si è fatta di nuovo dominante. E soprattutto un rapporto, quello con il tecnico, che lo ha rigenerato: «Ci ha ridato unione», ha detto con disarmante spontaneità dopo la vittoria di Francoforte. Palladino, dal canto suo, non ha avuto dubbi: «È uno degli attaccanti più forti d’Europa», ha dichiarato senza tremare. E non era una frase di circostanza.
Lookman, la scintilla che accende tutto
Poi c’è Ademola Lookman, forse il simbolo più eloquente della rinascita. Nel pieno della telenovela estiva aveva cancellato ogni riferimento all’Atalanta dai suoi profili social: un gesto forte, che sembrava preludere all’addio. Appena Palladino si è seduto in conferenza stampa, Lookman ha rimesso al loro posto tutte le foto nerazzurre.
Un dettaglio che vale più di cento dichiarazioni. Da lì è cambiato tutto: un gol in Champions, un altro alla Fiorentina, una serie di giocate incendiarie, filtranti di qualità, dribbling dal sapore antico. La porta gli mancava da un mese, la serenità da un po’ di più. Ora è tornato a mordere.
Un tridente che non si vedeva dal maggio 2024
L’Atalanta non aveva più schierato insieme De Ketelaere, Lookman e Scamacca in Serie A dal maggio 2024, il mese della straordinaria cavalcata che portò all’Europa League. Palladino li ha rimessi insieme dal secondo tempo del Maradona e non li ha più tolti. Un segnale chiaro: questo è il suo attacco, questo è il suo progetto offensivo, questo è il blocco da cui vuole ricostruire un’Atalanta che torni a guardare dritta verso l’Europa. La rosa è lunga, ricca, piena di talento: Samardzic, Pasalic, Brescianini, Maldini, Sulemana, Krstovic. Ma per ora la gerarchia è scritta nel fuoco: il tridente è uno solo.
Il peso dell’Africa e il tempo delle scelte
Lookman partirà tra meno di un mese per la Coppa d’Africa, e Palladino lo sa. Ecco perché lo sta spremendo, e perché sta lavorando affinché sia lui che Scamacca e De Ketelaere arrivino al massimo delle condizioni. La continuità, e non l’ingresso a gara in corso, è ciò che li sta trasformando. Per gli altri ci sarà spazio, ma non è detto che sia la Coppa Italia la porta d’accesso: la sfida col Genoa potrebbe essere l’ultima via per qualificarsi alle coppe. Palladino non vuole rischiare nulla.
La cura Palladino funziona
Tre partite non bastano per scrivere un verdetto, ma bastano per riconoscere una scossa. La gestione è cambiata, lo spirito è cambiato, l’attacco è tornato a essere un’arma, non un freno. Il tridente ritrovato non è nostalgia: è un punto di ripartenza. E l’Atalanta ha di nuovo la faccia della grande squadra che sa dove vuole andare.






