L’emergenza, lentamente, sta perdendo la sua voce. In casa Napoli i silenzi dell’infermeria cominciano a farsi meno pesanti e, dopo settimane vissute di adattamenti e soluzioni di necessità, Antonio Conte intravede finalmente una linea più stabile. Il nome che riapre scenari tattici e restituisce ordine è quello di Frank Anguissa. Il centrocampista camerunense è il primo dei lungodegenti a vedere la luce in fondo al tunnel, subito dopo Romelu Lukaku, già tornato almeno a respirare l’aria della panchina in Supercoppa. Un rientro che non è solo numerico, ma strutturale.
Tempi di rientro e prudenza
Secondo le proiezioni più attendibili, Anguissa potrebbe tornare tra i convocati per la sfida europea contro il Copenaghen del 20 gennaio in UEFA Champions League. Non è escluso, però, un tentativo di accelerazione per renderlo disponibile già per il recupero di Serie A contro il Parma del 14 gennaio al Maradona. Il motivo della cautela è chiaro. L’infortunio rimediato a metà novembre in Nazionale è stato tutt’altro che banale: una lesione di alto grado al bicipite femorale della coscia sinistra che ha imposto uno stop lungo e controllato. Conte non ha alcuna intenzione di bruciare il rientro di uno dei pilastri del suo sistema.

Il 3-4-2-1 non si tocca
Se c’è una certezza, è il modulo. Il 3-4-2-1 adottato per fronteggiare l’ondata di infortuni ha funzionato oltre le aspettative. Equilibrio, copertura preventiva e transizioni pulite: Conte ha trovato una quadra che difficilmente verrà smontata, almeno nel breve periodo. Il ritorno di Anguissa, dunque, non cambia l’assetto, ma ridefinisce le gerarchie interne. Ed è qui che il discorso diventa più interessante.

L’effetto domino su McTominay
Il primo a essere coinvolto è Scott McTominay. Lo scozzese è stato uno dei grandi adattati dell’emergenza, riciclato davanti alla difesa per garantire fisicità e filtro in una mediana privata, a turno, di Anguissa, Billy Gilmour e per qualche gara anche di Stanislav Lobotka.
Con Anguissa di nuovo titolare indiscusso, McTominay può finalmente liberarsi da compiti più difensivi e tornare a occupare spazi che ne esaltano le qualità migliori. Non più schermo fisso davanti alla difesa, ma presenza dinamica tra le linee, sul centrosinistra della trequarti. Una zona già vista e interpretata da Noa Lang e Eljif Elmas, mentre sull’altro lato David Neres continua a essere una variabile imprevedibile al servizio di Rasmus Højlund, oggi in stato di grazia.
Più libertà, più pericolosità
Con Anguissa e Lobotka a presidiare il cuore del gioco, McTominay torna a essere un’arma offensiva vera. Inserimenti, attacchi alla seconda palla, letture aggressive senza l’ossessione della copertura preventiva. In altre parole, torna “libero”. È una soluzione che Conte conosce bene e che valorizza uno dei protagonisti dell’ultimo campionato, ridando profondità a una squadra che ha costruito il suo successo recente sulla capacità di colpire con uomini diversi.
Un Napoli che ritrova se stesso
Il rientro di Anguissa non è una semplice buona notizia dall’infermeria. È un passaggio chiave nella normalizzazione del Napoli. Restituisce ordine, restituisce ruoli, restituisce certezze. E permette a Conte di smettere di gestire l’emergenza per tornare a lavorare sulla forza. Il Napoli non cambia pelle. La completa. E quando una squadra ritrova i suoi pilastri senza dover riscrivere il sistema, il segnale è chiaro: la fase più difficile è alle spalle. Ora, per davvero.




