Manuel Akanji vivrà domenica sera il suo primo Derby della Madonnina, e lo farà con la maglia dell’Inter, quella che oggi considera casa. Una storia che avrebbe potuto prendere una piega completamente diversa, perché appena pochi mesi fa il suo nome era finito in cima alla lista del Milan, deciso a rinforzare la difesa con un profilo internazionale, esperto e tatticamente duttile.
Era il finale di agosto, la sessione estiva di mercato volgeva al termine e i rossoneri cercavano un centrale capace di adattarsi a una linea a tre e garantire personalità. Akanji sembrava l’uomo giusto: affidabile, fisicamente integro, con anni di esperienza tra Bundesliga e Premier League.
Il corteggiamento del Milan
Come riportato allora, il Milan era pronto a spingersi fino a 15 milioni di euro più bonus per convincere il Manchester City a lasciarlo partire. Un investimento importante, sostenuto dalla volontà del direttore sportivo Igli Tare, che non nascose l’interesse: “Abbiamo provato a prendere un giocatore d’esperienza come Akanji, sarebbe perfetto per il Milan, ma la trattativa è difficile.”
E in effetti lo era. Il club inglese era disposto a trattare, ma il nodo era un altro: l’ingaggio del giocatore, circa 5,5 milioni di euro netti a stagione, e la sua volontà di restare in Champions League, condizione che il Milan, in quel momento, non poteva garantirgli. Due ostacoli insormontabili, che in pochi giorni fecero naufragare ogni tentativo.
L’irruzione dell’Inter

Mentre il Milan si defilava, l’Inter si muoveva in silenzio. Nelle ultime ore di mercato, i nerazzurri chiusero una doppia operazione strategica: vendita di Pavard al Marsiglia e arrivo di Akanji in prestito oneroso da 1 milione di euro, con diritto di riscatto fissato a 15 milioni, destinato a diventare obbligo in caso di Scudetto.
Una formula intelligente, costruita su misura per le esigenze di bilancio del club e sulla volontà del giocatore, che aveva espresso chiara preferenza per l’Inter. La società nerazzurra, del resto, gli garantiva il palcoscenico della Champions e un posto da protagonista in un progetto tecnico ambizioso.
L’impatto in nerazzurro
Dal giorno del suo arrivo a Milano, il 1° settembre, Akanji non ha mai deluso. Ha debuttato da titolare nel Derby d’Italia contro la Juventus, partita amara per il risultato ma significativa per il suo impatto immediato. Da quel momento, Chivu non ha più rinunciato a lui: nove presenze in Serie A per un totale di 810 minuti, tutte da titolare, e un rendimento costante che lo ha reso uno dei leader tecnici della retroguardia interista.
In Champions League, invece, è stato gestito con intelligenza, alternando titolarità e riposi. Ma ogni volta che è sceso in campo, ha confermato solidità e personalità, due doti che gli hanno permesso di cancellare in fretta il ricordo di Pavard.
Un pilastro per Chivu e per il derby
Akanji ha portato all’Inter quello che cercava da tempo: equilibrio, lucidità e carisma. È diventato una colonna silenziosa, il tipo di difensore che non fa rumore ma tiene insieme il reparto. E ora, alla vigilia del suo primo derby, sa di essere uno dei punti fermi di Chivu, chiamato a guidare una squadra che punta in alto su tutti i fronti.




