Bielsa non molla l’Uruguay: “Resto fino ai Mondiali”. Ma la manita agli USA riapre le crepe

Redazione
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Dopo il 5-1 subito dalla squadra di Pochettino, il tecnico argentino respinge le voci di dimissioni e rilancia il suo progetto in vista del 2026.

Marcelo Bielsa resta dove si trova. Nonostante la tempesta sollevata dal clamoroso 5-1 subito contro gli Stati Uniti, il tecnico argentino ha scelto la via più diretta: nessuna fuga, nessuna svolta, nessuna dimissione. L’obiettivo resta la Coppa del Mondo del 2026, e la “Celeste” continuerà a seguirlo senza deviazioni.

La notte di Tampa e la ferita aperta

La sconfitta con gli USA non è passata inosservata. Una manita pesante, maturata in meno di un tempo, con quattro gol incassati tra il 17’ e il 42’. Una squadra irriconoscibile, travolta dal ritmo e dalla fame della nazionale guidata da Mauricio Pochettino, l’allievo che per una sera ha fatto lezione al maestro.

La rete di de Arrascaeta nel recupero è rimasta l’unica boccata d’ossigeno in una serata che ha fatto infuriare stampa e piazza uruguaiana. Un ko che ha alimentato interrogativi e voci interne, soprattutto dopo l’espulsione di Bentancur e la quinta rete subita da Tessmann, ex Venezia oggi al Lione.

Bielsa tira dritto: “Vergogna sì, dimissioni no”

Poche ore dopo il rientro a Montevideo, Bielsa si è presentato davanti ai giornalisti con il suo consueto stile asciutto e diretto. Ha parlato di responsabilità, di vergogna e di un progetto che, nonostante le crepe, non cambierà rotta.

“Ho la stessa determinazione del primo giorno. Non ho mai pensato di lasciare né tantomeno ora”, ha dichiarato. L’argentino non ha nascosto la gravità del tonfo, ma ha rivendicato l’obbligo di analizzarlo con lucidità e non con la pancia. E soprattutto ha chiarito il punto cardine: la Federcalcio lo sostiene, la linea resta tracciata.

“Sono tossico”: il lato oscuro del Loco

Nella conferenza Bielsa ha aperto anche un varco sulla sua filosofia personale, come spesso gli capita quando la pressione raggiunge il picco. Si è definito “tossico”, un termine che ha fatto rapidamente il giro del Paese.
“Tossico perché vedo solo l’errore, perché pretendo, perché non mi accontento. È un karma. Le persone hanno più paura di perdere che desiderio di vincere.” Un’autocritica brutale, come nello stile di un allenatore che vive ogni dettaglio come un ossessione tecnica e morale.

Le voci interne e il caso Suárez: “Non serbo rancore”

Si è parlato molto del rapporto tra Bielsa e lo spogliatoio, soprattutto dopo le frizioni emerse nei mesi scorsi, in primis con Luis Suárez. L’allenatore ha voluto chiudere il cerchio: niente vendette, niente rotture irreparabili. Le discussioni ci sono state, ma restano nel gruppo. “Se un giocatore vuole che me ne vada, viene da me e me lo dice. Non posso basarmi su voci. Suárez ha detto ciò che ha detto, ma appartiene al passato.”

Tra dolorose amichevoli e un Mondiale già conquistato

La batosta con gli Stati Uniti brucia, ma non sposta l’unico dato che realmente conta: l’Uruguay il Mondiale l’ha già centrato. Il quarto posto nel girone sudamericano è stata la chiave d’accesso al 2026, con 28 punti accumulati in 18 partite, davanti a colossi come Brasile e Paraguay.

L’obiettivo dichiarato è arrivare alla Coppa con un’identità riconoscibile, una squadra costruita sulla pressione alta e sulla verticalità, senza rinnegare la filosofia che ha sempre accompagnato l’argentino.

Il futuro non cambia: Bielsa continua la sua rivoluzione

La disfatta di Tampa apre più domande che risposte, ma una certezza c’è: Bielsa resta.
Resta con le sue idee, con i suoi estremi, con il suo spirito autocritico e con quella visione radicale che divide ma non lascia mai indifferenti.

La Celeste riparte da qui, da un uomo che vive il calcio come una missione totalizzante. E che, nel bene e nel male, ha deciso di guidarla fino al Mondiale del 2026.