Cagliari–Roma non arriva come una semplice tappa della quattordicesima giornata, ma come un crocevia tecnico per entrambe. Pisacane, che ha fissato il suo 3-5-2 come struttura identitaria, costruisce un Cagliari verticale e fisico, mentre Gasperini presenta una Roma impostata sul 3-4-2-1, un sistema che unisce i suoi principi di sempre come le marcature preventive, aggressività alta, uomo su uomo a una squadra che sta ancora assimilando automatismi e intensità. È una partita che vive su un equilibrio sottile: da un lato il Cagliari che ha bisogno di ritmo e seconde palle per fare male, dall’altro la Roma che prova a scardinare la gara attraverso le sue progressioni centrali e la qualità del trio Soulé–Pellegrini–Dybala alle spalle dell’unica punta virtuale del sistema.
La partita
La struttura del Cagliari: baricentro medio, pressione laterale, catene aggressive
Pisacane dovrebbe riproporre Caprile in porta dietro il terzetto Zappa–Deiola–Luperto, un reparto che interpreta più compiti di controllo del campo che di costruzione pulita. Il Cagliari raramente forza linee interne, preferendo avanzare sulle catene laterali: Obert e Palestra spingono per guadagnare campo, Folorunsho e Adopo portano aggressività nei mezzi spazi, Liteta resta centrale per stabilizzare la pressione e accorciare sulle seconde palle. Il piano è chiaro: vincolare la Roma al duello, stringere gli spazi, soffocare il primo giro palla.
In attacco, il tandem Esposito–Borrelli si muove in maniera complementare. Esposito funge da raccordo, rallenta, vede la giocata; Borrelli attacca dritto la profondità, costringe Hermoso o Ndicka a uscire dalla linea del 3-4-2-1 giallorosso. Se il Cagliari riuscirà a isolare questi duelli, potrà costruire una gara sporca e pienamente nel suo DNA.

La Roma di Gasperini: rotazioni, uomo su uomo e ricerca della superiorità dinamica
Gasperini imposta la Roma con il 3-4-2-1: Svilar in porta, Mancini–Ndicka–Hermoso in difesa, Celik e Wesley larghi sulle corsie, Cristante e Koné a presidiare e accendere la zona centrale. La costruzione parte spesso a quattro, con Cristante che si abbassa per superare la prima pressione avversaria, mentre Koné alterna conduzioni aggressive, verticalizzazioni e smarcamenti interni.
La Roma vive soprattutto sulla trequarti: Soulé e Pellegrini orbitano continuamente nelle zone tra le linee per creare superiorità posizionale e confusione nelle scalate sarde. Soulé cerca ricezioni corte per puntare l’uomo, Pellegrini apre la struttura, mentre Dybala si muove libero per cucire e rifinire.
Se la Roma riuscirà a imporre il proprio uomo su uomo, costringendo il Cagliari a giocare fuori tempo, potrà prendere l’inerzia della gara. Ma sarà fondamentale evitare di concedere ripartenze centrali quando la squadra si alza con tanti uomini.
I duelli che possono cambiare la partita
La partita vive nei corridoi intermedi. Adopo e Liteta dovranno evitare che le rotazioni della Roma nel 3-4-2-1 aprano spazi di rifinitura, mentre Celik e Wesley saranno chiamati a resistere al fisico delle catene laterali rossoblù. Pellegrini contro Deiola sarà un duello ad alta intensità, Soulé cercherà di trovare zone di luce tra le maglie del Cagliari, mentre Hermoso e Borrelli daranno vita a un confronto diretto che può incidere su più fasi del match.
Ogni ritmo emotivo della gara può cambiare la sua forma: quando la Roma alzerà la pressione, il Cagliari dovrà avere coraggio nel palleggio; quando il Cagliari aumenterà la densità e il caos nelle seconde palle, la Roma dovrà essere lucida nel ricomporsi.
Una gara che va oltre i tre punti
Cagliari–Roma non sarà una partita qualunque, perché arriva in un momento in cui entrambe le squadre hanno bisogno di conferme. Pisacane cerca solidità e identità, un Cagliari capace di restare fedele alla propria intensità anche contro una squadra strutturata come la Roma. Gasperini, invece, punta a dare continuità al 3-4-2-1, un sistema che la sua squadra sta iniziando a interpretare con maggiore naturalezza ma che richiede precisione, ritmo e coraggio nelle letture.
È una gara che può cambiare forma più volte, fatta di duelli, ritmi emotivi e dettagli che si muovono sotto la superficie. In partite così non decide solo la giocata del talento, ma la capacità di interpretare il momento: una pressione portata al tempo giusto, una rotazione letta in anticipo, un corridoio che si apre per un istante e può indirizzare un’intera azione.
Ed è forse proprio qui che si giocherà la vera differenza. Chi saprà restare dentro il proprio piano gara, senza lasciarsi trascinare dal caos o dalle accelerazioni dell’avversario, avrà qualcosa in più. Perché oltre ai tre punti, questa è una partita che misura la maturità delle due squadre. E chi ne uscirà meglio non avrà solo vinto una sfida: avrà fatto un passo in avanti nel proprio percorso.



