La Francia del calcio si sveglia nel caos, e il protagonista suo malgrado è Lucas Chevalier, portiere di 22 anni del Paris Saint-Germain. Un “mi piace” di troppo su Instagram, finito in uno screenshot virale, lo ha trasformato da promessa sportiva a bersaglio politico nel giro di poche ore. Il motivo? Quel gesto digitale, rivolto a un post dell’ex deputato Julien Aubert, è stato interpretato come un segnale di simpatia verso il Rassemblement National, il partito di estrema destra spesso accusato di xenofobia.
La tempesta social e l’indignazione dei tifosi
Alla vigilia della sfida contro il Lione, Chevalier si è ritrovato travolto da una valanga di accuse. Sui social, in molti lo hanno definito “complice del razzismo”, mentre altri hanno parlato di un linciaggio mediatico senza proporzioni. In una società come il PSG, simbolo di multiculturalismo e inclusione, la vicenda ha assunto in poche ore una valenza esplosiva.
I Collectif Ultras Paris, gruppo organizzato della curva parigina, hanno condannato pubblicamente il gesto, mentre alcuni tifosi hanno chiesto addirittura l’allontanamento del giocatore. La dirigenza ha scelto la linea della prudenza, provando a spegnere l’incendio e a riportare l’attenzione sulla partita. Ma il danno d’immagine era ormai fatto: il portiere, chiamato a raccogliere l’eredità di Gianluigi Donnarumma, si è ritrovato schiacciato tra il peso delle polemiche e quello della porta.
“Mi avete rovinato l’immagine”: lo sfogo notturno
Alle quattro del mattino, stremato dalle critiche, Chevalier ha rotto il silenzio con un lungo post su Instagram.
“Non condivido quelle posizioni politiche, è stato un errore accidentale,” ha scritto. “Scorrendo distrattamente la pagina ho messo un like senza rendermene conto, e in un attimo la mia immagine è stata distrutta. Mi fa arrabbiare, perché avete cercato di dipingermi come un fascista, colpendo non solo me, ma anche la mia famiglia.”
Poi, l’amarezza: “Non mi metterò nella posizione di vittima, ma il limite è stato superato. Alcuni stanno usando tutto questo per giustificare le mie prestazioni altalenanti. È assurdo. Volevo solo scusarmi per il disagio causato: sono un uomo che prova a comportarsi bene, dentro e fuori dal campo.”
La bufera si trasforma in scontro politico
Paradossalmente, a difenderlo è intervenuto Éric Ciotti, figura di spicco della destra francese, che ha parlato di “razzismo anti-bianchi” e di “attacchi intollerabili”. Una mossa che ha solo aggravato la situazione, spostando la discussione dal calcio alla frattura politica e sociale che attraversa la Francia.
Il caso Chevalier è diventato così l’ennesimo simbolo di una modernità dove un gesto impulsivo sui social può trasformarsi in condanna pubblica, dove la neutralità è quasi impossibile e dove anche lo sport finisce risucchiato dal vortice ideologico.
La notte di Lione e la prova più difficile
Sul campo, la situazione non è migliorata. Durante il 3-2 del PSG contro il Lione, Chevalier è apparso nervoso e incerto, protagonista di due errori che hanno riacceso i dubbi sulla sua tenuta mentale. Solo l’appoggio dei compagni, come Lucas Hernandez, ha evitato il crollo definitivo: “Gli errori sono di squadra, non di un singolo,” ha dichiarato il difensore.
Ma i titoli erano già scritti. La vicenda personale del giovane portiere ha oscurato il successo del PSG e acceso un dibattito più ampio sul rapporto tra sport, social e identità politica. Ora, Chevalier ha davanti a sé la sfida più complessa: riconquistare fiducia e credibilità, prima come portiere, poi come uomo. In un mondo in cui un like può valere un processo, la sua parata più difficile sarà fuori dal campo.


