«Si è fatto male dopo uno scatto verso la porta». Cesc Fabregas va dritto al punto nel post partita dell’Olimpico, trasformando la sconfitta del Como contro la Roma in un caso che va oltre il campo. Al centro di tutto c’è Assane Diao, fermato da un nuovo infortunio muscolare e ora in bilico tra recupero e Coppa d’Africa.
“Ha sentito tirare il flessore”
Fabregas ricostruisce l’episodio senza filtri. «Ha fatto una cavalcata verso la porta di Svilar e lì ha sentito tirare il flessore. Ha provato a stringere i denti per qualche minuto, ma non ce la faceva».
Da qui la scelta obbligata: «Al 37’ l’ho dovuto richiamare in panchina e ho messo Douvikas. Non aveva senso rischiare di peggiorare la situazione».
“Ho chiesto un po’ di senso”
Il passaggio più delicato riguarda però il rapporto con la nazionale senegalese. Fabregas parla sempre in prima persona e chiarisce la sua posizione. «Io sono un grande fan delle nazionali e spero sempre che i giocatori possano andarci. Ma in questo caso ho chiesto un po’ di senso». Il motivo è chiaro e lo ribadisce con forza: «Diao in otto mesi ha fatto tre partite, mezze e mezze. Ora era appena tornato, stava ritrovando continuità, e oggi si è fatto di nuovo male». Fabregas mette sul tavolo anche il punto di vista del club: «Se lui va via così, noi paghiamo lo stipendio e abbiamo un giocatore fuori. Non è una questione contro la nazionale, è una questione di tutela».
“Mi hanno detto: se non va in Coppa d’Africa, niente Mondiale”
Il racconto si fa ancora più teso quando Fabregas riferisce la risposta ricevuta dal c.t. del Senegal, Pape Thiaw.
«Mi ha detto che se Diao non va in Coppa d’Africa, allora non andrà ai Mondiali». Una frase che il tecnico del Como non digerisce: «Questo è stato spiacevole. Se un calciatore gioca con la paura e ha davanti una carriera di vent’anni, si sta sbagliando tutto».
“La priorità è il giocatore”
Fabregas chiude tornando al punto centrale della sua posizione. «Qui non si tratta di convocazioni o di polemiche. Si tratta di proteggere un ragazzo giovane, che ha avuto tanti problemi fisici e che deve ritrovare continuità». Il messaggio è netto, senza mediazioni: «La salute viene prima di tutto. In questi casi serve responsabilità, non pressioni. Io questo ho chiesto: solo buon senso». Ora la palla passa agli esami medici e alle decisioni finali. Ma una cosa, dalle parole di Fabregas, è chiarissima: Diao non è un caso politico, è un caso umano. E per gestirlo serve testa, non forza.




