A Pisa è arrivata l’ennesima conferma di una sensazione che accompagna la stagione bianconera da mesi. Teun Koopmeiners gioca, parte dall’inizio, resta centrale nei piani della Juventus. Eppure, ancora una volta, la sua prova è scivolata via senza lasciare tracce decisive. Sufficiente, forse. Incisiva, no. E la domanda, ormai ricorrente, torna a rimbalzare sugli spalti e fuori: perché Koopmeiners è sempre in campo?
Il punto non è l’impegno, mai in discussione, ma la distanza evidente tra aspettative e rendimento. Un divario che resiste al passare del tempo, ai cambi in panchina, alle variazioni tattiche.
Un investimento che pesa sulle scelte
Quando la Juventus lo ha strappato all’Atalanta, dopo una trattativa lunga e logorante, l’idea era chiara. Koopmeiners doveva diventare uno dei pilastri del nuovo corso, il giocatore capace di dare ordine, personalità e gol. L’operazione, tra parte fissa, bonus e oneri, ha superato i sessanta milioni: cifre che inevitabilmente condizionano valutazioni e gerarchie.
Il campo, però, ha raccontato altro. I numeri dell’ultima stagione restano modesti rispetto all’investimento e, soprattutto, non spiegano perché l’olandese sia rimasto un punto fermo anche nei momenti di maggiore difficoltà collettiva. Cambiano i sistemi, cambiano gli allenatori, ma il copione individuale si ripete: prestazioni lineari, raramente determinanti.
Allenatori diversi, stesso esito
Prima Thiago Motta, poi Tudor. Ognuno ha provato a collocarlo in modo diverso, senza mai trovare una soluzione realmente risolutiva. Mediano, interno, trequartista: ruoli alternati, risultati simili. Koopmeiners stesso non ha mai nascosto un certo disagio quando chiamato a muoversi più avanti, spalle alla porta, in zone affollate. Con l’arrivo di Luciano Spalletti la linea sembrava finalmente più netta. Mediano di riferimento, all’occorrenza adattabile anche più indietro. Una definizione precisa, almeno nelle intenzioni.
La parentesi difensiva e lo stop improvviso
Nelle prime uscite, schierato anche nella linea arretrata, Koopmeiners aveva dato segnali incoraggianti. Meno compiti creativi, più letture, maggiore semplicità. Una possibile svolta, interrotta bruscamente nella notte di Napoli, quando da braccetto sinistro è andato in difficoltà evidente contro esterni rapidi e aggressivi. Un passaggio a vuoto che ha riaperto i dubbi. Da lì, il ritorno alle rotazioni e alle sperimentazioni.
Pisa e il ritorno sulla trequarti
Contro il Pisa, complice l’assenza di altri uomini chiave, Spalletti ha riprovato a utilizzarlo più avanti, alle spalle della punta. Una scelta che non ha pagato. Koopmeiners è rimasto ai margini del gioco, poco coinvolto, spesso fuori ritmo. L’uscita dal campo e l’ingresso di Zhegrova hanno dato un’altra inerzia alla partita, accentuando il contrasto.
La sensazione, sempre più diffusa, è che l’olandese fatichi a incidere quando chiamato a creare negli ultimi metri. Un limite che lo stesso Spalletti ha riconosciuto pubblicamente, sottolineando come non abbia le caratteristiche di chi nasce per muoversi nel traffico offensivo.
Fiducia dichiarata, spazio in bilico
La stima dell’allenatore non è in discussione. Spalletti lo aveva seguito già in passato e continua a considerarlo un giocatore affidabile, utile nella costruzione e nel pressing. Ma la Juventus che verrà potrebbe offrirgli meno margine. Il recupero di Bremer, la crescita di Kelly e gerarchie di centrocampo sempre più definite riducono le opzioni.
Koopmeiners resta davanti a un bivio che non riguarda più solo la forma, ma l’identità tecnica. Può essere ancora un titolare fisso, sì. Ma a una condizione: trovare finalmente un ruolo che non sembri provvisorio. Perché la pazienza, a Torino, non è infinita. E il tempo delle spiegazioni sta lasciando spazio a quello delle risposte.



