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Redazione
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Liverpool, quando i dettagli diventano colpevoli: l’addio a Briggs e la resa dei conti sui calci piazzati

L’esonero dell’allenatore delle palle inattive non è un fulmine a ciel sereno, ma il segnale di un problema strutturale che Arne Slot non può più ignorare

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Ci sono decisioni che non nascono da una sconfitta, ma da una somma di fastidi irrisolti. L’esonero di Aaron Briggs da parte del Liverpool rientra perfettamente in questa categoria. Non è una reazione emotiva, non è una mossa simbolica: è la presa d’atto che, nel calcio moderno, i dettagli non sono più un accessorio. Sono il confine sottile tra controllo e fragilità.

La scelta di Arne Slot e della dirigenza nasce da un dato che pesa come un macigno: i calci piazzati sono diventati il punto debole cronico dei campioni d’Inghilterra. Un paradosso, se si pensa alla qualità complessiva della rosa e alla solidità mostrata in molti frangenti del gioco aperto.

Arne Slot

Quando la palla è ferma, il Liverpool no

I numeri, in questi casi, non sono una sentenza astratta ma una fotografia impietosa. Escludendo i rigori, il Liverpool è la squadra che ha subito più gol su palla inattiva in Premier League: dodici. Troppi per una squadra che ambisce a dominare. Troppi per una difesa che, sulla carta, dovrebbe trasmettere certezze.

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I corner, in particolare, sono diventati una sorta di zona d’ombra. Solo il West Ham ha fatto peggio. E dall’altra parte del campo la musica non cambia: la produzione offensiva da calcio piazzato è scarna, appena 2,4 gol ogni 100 situazioni, meglio solo del Brentford. Un doppio fallimento, difensivo e offensivo, che racconta una mancanza di controllo nelle due fasi più “studiate” del gioco.

Partite che scivolano via

Il problema non è teorico. È concreto, misurabile, doloroso. Contro Tottenham e Wolves, il Liverpool aveva in mano partite apparentemente chiuse, con un doppio vantaggio rassicurante. In entrambe, una palla inattiva ha riaperto tutto. Non sconfitte, certo. Ma segnali. Di quelli che un allenatore non può permettersi di ignorare.

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Perché una squadra che domina e poi vacilla su una punizione o un corner manda un messaggio preciso: basta poco per incrinarla. Ed è proprio quel “poco” che, a questi livelli, fa la differenza.

La voce dello spogliatoio

Non è un caso se anche il capitano, Virgil van Dijk, abbia affrontato il tema senza giri di parole. Le sue parole non sono un atto d’accusa, ma una diagnosi lucida: il problema spesso non è il primo contatto, ma la seconda fase. La disattenzione dopo l’apparente pericolo scampato. Un dettaglio, appunto. Ma letale.

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Ed è qui che il ruolo di Briggs, arrivato inizialmente con altre mansioni e poi “specializzato” quasi per necessità, ha mostrato tutti i suoi limiti. Il Liverpool ha provato ad aggiustare, a riorganizzare, a ridefinire ruoli. Senza risultati all’altezza delle aspettative.

Nessun capro espiatorio, ma una scelta netta

L’esonero di Briggs non è una caccia al colpevole. È una decisione politica, nel senso più calcistico del termine. Slot e il club hanno scelto di intervenire prima che il problema diventi identità. Per ora non c’è un sostituto: le responsabilità sui calci piazzati saranno redistribuite all’interno dello staff. Una soluzione tampone, certo, ma anche un messaggio chiaro: qui non si aspetta che le crepe diventino fratture.

Capodanno come banco di prova

Il calendario non concede pause. Ad Anfield arriverà il Leeds, con l’obiettivo di allungare la striscia positiva e, soprattutto, di dimostrare che il problema è stato almeno riconosciuto. Perché nel calcio di oggi non vince solo chi corre di più o palleggia meglio. Vince chi difende anche quando la palla è ferma e la concentrazione rischia di abbassarsi.

Il Liverpool ha scelto di guardarsi allo specchio. Ora resta da capire se questo cambio sarà solo un atto di responsabilità o l’inizio di una vera correzione di rotta. In Premier League, spesso, la differenza sta tutta lì: in un corner difeso meglio, in una seconda palla letta prima degli altri. E in una decisione presa in tempo.

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