Una lunga confessione, umana prima ancora che professionale. Fabio Paratici, oggi dirigente del Tottenham, ha raccontato a Sky Sport la fase più difficile della sua carriera: la squalifica per il caso plusvalenze, la separazione dalla Juventus e il mancato approdo al Milan. Un’intervista senza filtri, nella quale l’ex dirigente bianconero ha ripercorso gli ultimi anni tra dolore, responsabilità e voglia di rinascita.
“Mi vergognavo di difendermi”
“Per il mio carattere – ha spiegato Paratici – quando ho affrontato questa situazione avevo vergogna di difendermi. Ci si difende quando si fa qualcosa di male, ma io dentro di me ho sempre sentito che non avevo fatto nulla. Ho vissuto undici anni pensando 24 ore al giorno alla Juventus, cercando di fare sempre il meglio possibile. Addirittura provavo disagio nel dover spiegare che non avevo commesso nulla di scorretto.”
Una vicenda lunga e pesante, che lo ha cambiato profondamente: “All’inizio ti senti spaesato, poi impari. Ti confronti con realtà che non conoscevi e alla fine diventi una persona diversa. Ho avuto tempo per studiare, per vedere giocare i miei figli, per tornare ad analizzare il calcio dai suoi fondamentali. Nessuno ha mai spiegato che la condanna non è arrivata per valutazioni ‘artificiali’ dei calciatori, ma per un principio contabile mai usato prima. Né prima, né dopo.”
Il caso plusvalenze e il principio contabile
Paratici ha voluto chiarire anche il nodo tecnico della vicenda: “Non abbiamo mai colmato le esigenze di bilancio con le plusvalenze. È un concetto scorretto. Si è parlato di questo perché è più popolare, ma la valutazione dei giocatori è sempre soggettiva. Ci sono decine di criteri diversi, altrimenti non esisterebbero le occasioni di mercato.”
La scelta di patteggiare
Sul patteggiamento, Paratici ha spiegato: “È stata una scelta responsabile. Dopo quattro anni e mezzo, non avevamo certezze su come si sarebbe conclusa la vicenda. La squalifica sportiva era già scontata e il processo penale era solo all’udienza preliminare. Per rispetto verso le persone coinvolte e per poter ripartire, abbiamo deciso di chiudere così. Anche perché tutto era diventato eccessivamente mediatico.”
“Perché non sono andato al Milan? Non lo so”
Uno dei passaggi più curiosi riguarda il suo mancato approdo in rossonero: “Non lo so nemmeno io. Siamo stati molto vicini, ma se il matrimonio non si è concluso non sto qui a chiedermi perché. Non sono diplomatico e non miglioro in questo. Non mi pongo domande, rispetto le decisioni dei club.”
La rinascita al Tottenham
A Londra, Paratici ha ritrovato serenità e fiducia: “Qui mi sento a casa, perché mi hanno fatto sentire così fin dal primo giorno. Non mi hanno mai giudicato, neanche nei momenti peggiori. Quando mi sono dimesso per rispetto del club, mi hanno comunque tenuto come consulente. Finita la squalifica, ho ripreso il mio ruolo esattamente com’era. Devo ringraziarli tutti.”
Sulla Juventus e Spalletti
Infine, un pensiero alla sua vecchia squadra e al nuovo tecnico bianconero: “Perché la Juve non si è ancora risollevata? Quando ero dentro facevo fatica a capirlo, figuriamoci ora. Se ci lavori ogni giorno hai diritto di parlarne, altrimenti no. Mi dispiace per Tudor, a cui sono legato, ma Spalletti è un grandissimo allenatore e gli auguro ogni successo.”


